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Una forma di preghiera

 

una forma di preghiera
Laura Manione, Immagine scattata involontariamente con smartphone, 2015

Sono laica e comunque non ho mai confuso religione e spiritualità. Coltivo una spiritualità che sovente mi capita di alimentare a contatto con la Natura. Ciò premesso, difficilmente questi sono temi che tratto a un primo incontro con le persone.
Lo scorso anno, il 29 marzo per la precisione, accadde però un fatto singolare: io, Gabriella, Teresa e Gianni tre fotografi con cui ho avuto modo in seguito di stringere una preziosa amicizia, decidemmo di darci un appuntamento al Parco Lame del Sesia, ad Albano Vercellese, per conoscerci nella realtà dopo mesi di rapporti virtuali su faceboock.
Gabriella e Teresa si erano appena iscritte a un mio laboratorio fotografico intitolato “Erbario intimo”, laboratorio che tenni poi a Milano in maggio e – forse per sondare in anteprima i miei metodi didattici – durante la nostra passeggiata, mi chiesero suggerir loro qualche esercizio fotografico.
In quella stagione non era ancora sbocciata tutta la fioritura e il percorso si snodava attraverso rami piuttosto spogli alla vista, anche se già carichi di minuscole gemme. Rami intrecciati all’infinito. Mi avvicinai a Teresa che li stava inquadrando con la fotocamera e le dissi: «Guarda, sembrano croci! Fa’ che queste tue immagini diventino la tua preghiera laica a questo luogo». Teresa si girò con aria interrogativa, mi sorrise e rispose «Molto laica».
Mi stupii subito dell’invito che le avevo rivolto e nei mesi successivi ci ripensai spesso, con un po’ di imbarazzo.
Nelle scorse settimane ho acquistato e letto Perché guardiamo gli animali? di John Berger (libro che consiglio vivamente a tutti) e nel capitolo intitolato “L’uccello bianco”, ho trovato e sottolineato queste parole: “In ogni caso viviamo in un mondo di sofferenza in cui il male dilaga, un mondo in cui le vicende non confermano il nostro Essere, un mondo al quale bisogna resistere. È in questa situazione che il momento estetico dà speranza. Il fatto che troviamo bello un cristallo o un papavero significa che siamo meno soli, che siamo più intimamente inseriti nell’esistenza di quanto il corso di una singola vita ci porterebbe a credere. (…) L’arte è una risposta organizzata a ciò che la natura ci permette di intravedere di tanto in tanto. (…) L’aspetto trascendentale dell’arte è sempre una forma di preghiera”.
In quel preciso istante ho trovato una risposta a ciò che d’istinto avevo detto ai miei nuovi amici e (in parte) una risposta alla Fotografia.